Crede a tutto quello che viene trasmesso da “Mistero”?
Parto con un’apertura totale visto che ho la fortuna di chiamare “lavoro” quella che è la mia massima ambizione: cercare, esplorare, vedere mondi sovrasensibili. Per me è un discorso serissimo e credo a quello che mi viene detto. Capisco quando intervisto e approfondisco: spesso mi rendo conto che ci sono anche sciocchezze e ci rimango male; altrimenti mi accorgo che la realtà non è solo quella che si vede.

C’è chi pensa ancora che sia tutto falso…
Fa parte dal meccanismo della Tv sempre più “social” o dei cosiddetti “gruppi di ascolto”: ormai si commenta un programma in tempo reale. Non bado ai commenti, altrimenti vado in depressione (scoppia a ridere, N.d.r.); mi rendo conto che ci sono differenti livelli di lettura: c’è chi prende in giro e basta, chi è interessato, chi ci crede ciecamente…

Che ci dice del suo competitor, Voyager?
Quando non esisteva “Mistero” desideravo poter collaborare con “Voyager”, ma non ho mai fatto domanda. Poi ho avuto la fortuna di ricevere l’eredità di Enrico Ruggeri, dopo la prima stagione.

Qual è l’esperienza che più l’ha toccata?
Infinite. Il momento che mi piace ricordare è quello a San Giovanni Rotondo da Padre Pio. Ero partito con l’idea di raccontare una storia di folklore, credenze e credulità popolare ed invece, quando ho avuto la fortuna di rimanere solo a meditare nella cella dove il Santo celebrava Messa in solitudine, sono rimasto travolto da una sensazione di benessere che mi ha illuminato. Un’altra esperienza del genere, ma all’esatto opposto, l’ho provata al CERN di Ginevra di fronte alle stanze e alla distesa di macchine impegnate a lavorare su hard disk, con le braccia meccaniche, mille luci. Lì ho avuto una crisi mistica ed ho capito che siamo giunti a top della nostra fase evolutiva.

Novità per la nuova stagione?
Non sappiamo: è un programma che è entrato nel DNA di Italia 1 quindi trovo probabile che venga riconfermato nel prossimo palinsesto.

Quindi adesso… vacanza?!
No, la bellezza di questo lavoro è che si è sempre al lavoro. Sto lavorando sui monasteri: voglio capire se ha ancora un senso la vita monastica, nel 2013. La risposta è sì, lo so già, ma voglio capire in che modo e vorrei concedermi un ritiro all’Eremo delle Carceri ad Assisi, già Capitale europea della spiritualità (io vorrei dire anche mondiale).

Con la famiglia?
No, da solo: per stare lì e parlare con l’ordine francescano, capire. Non so quello che scoprirò: glielo racconterò la prossima volta.

Paola PERFETTI

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